Giornata nazionale contro il cyberbullismo

I dati di Social Warning, il Movimento Etico Digitale

Il 7 febbraio è la giornata nazionale contro il cyberbullismo e per l’occasione l’Osservatorio scientifico dell’associazione Social Warning – Movimento Etico Digitale” ha svolto un’importante ricerca che fa luce su un fenomeno troppo spesso sottovalutato.

L’associazione no-profit fondata nel 2017 da Davide Dal Maso ha il dichiarato obiettivo di sensibilizzare ragazzi e adulti sulle potenzialità e sui rischi della rete e, servendosi di una rete di formatori volontari professionisti del web (attualmente sono circa 150), organizza incontri formativi gratuiti nelle scuole medie e superiori di tutta Italia per promuovere l’educazione digitale.

Il dato allarmante che emerge da tale ricerca è che quattro ragazzi su dieci di età compresa tra i 12 e il 16 anni si imbattono in episodi di bullismo sulla rete.

Nonostante il 72,6% dei ragazzi intervistati ritenga sia giusto ricevere regole per approcciarsi alla rete, solo nel 55% dei casi le famiglie intervengono e pongono delle regole e delle limitazioni all’utilizzo della rete da parte dei loro figli. Tuttavia, più che adempiere al loro compito di educatori e preoccuparsi quindi di come i figli usano la rete e di istruirli sui rischi nei quali incorrono, la maggior parte di essi (80%) si limita a fissare un tetto massimo di ore giornaliere per l’utilizzo di internet e del telefonino– limitazione resa possibile da una specifica funzione introdotta nell’ultimo anno da quasi tutti i produttori di telefoni cellulari –, ad invitarli a non visitare siti porno e a mantenere privati i propri profili social.

Il 47% dei ragazzi coinvolti nello studio dell’Osservatorio dichiara infatti di non essersi mai confrontato con la famiglia sui temi dell’educazione digitale e addirittura un ragazzo su 10 non ha mai affrontato l’argomento con nessuno. Spesso si rivolgono ai loro insegnanti, ma per quanto la scuola abbia raggiunto – soprattutto negli ultimi anni – livelli di digitalizzazione soddisfacenti, questi nella maggior parte dei casi hanno la stessa età dei loro genitori o sono perfino più anziani, motivo per cui è fondamentale organizzare sempre più frequentemente incontri nelle scuole con persone preparate e “digitalizzate” come i volontari di Social Warning.

Andando più nello specifico, quanto tempo passano in rete i ragazzi e cosa fanno durante queste ore? Analizzando i dati pubblicati dall’Osservatorio possiamo notare che il 32% dei ragazzi coinvolti trascorre dalle due alle quattro ore al giorno sul web e il 22% di loro lo utilizza in maniera del tutto indisturbata non ricevendo alcuna limitazione da parte della famiglia. Utilizzano la rete principalmente per accedere alle piattaforme social: le più utilizzate sono YouTube e WhatsApp, a seguire Instagram e la “novità” TikTok, all’ultimo posto troviamo invece Facebook, sempre meno attraente per i più giovani. L’84% di loro accede a questi social più volte al giorno; l’11,6% dichiara di non collegarsi tutti i giorni ma solo qualche volta alla settimana: praticamente sono sempre connessi.

Tra tutti questi dati però ce ne sono anche alcuni incoraggianti, sicuramente frutto della loro “esperienza”: a differenza dei loro genitori o comunque di chi, non essendo nato nell’era digitale, non ha grande dimestichezza del web e quindi capacità di discernere tra verità e bugia, tra siti e pagine attendibili e non, quasi il 69% dei ragazzi intervistati afferma di non fidarsi delle informazioni che reperisce in rete, dimostrando di aver sviluppato una naturale capacità di immunizzazione rispetto alle fake news in cui si imbattono giornalmente online. Inoltre, una buona percentuale (il 65% degli intervistati) è consapevole che quello che postano o condividono in rete una volta online non appartenga più a loro, mentre il 35% dei ragazzi coinvolti nella ricerca dimostra di non conoscere fino in fondo le regole base per tutelare la propria reputazione online.

Secondo Davide Dal Maso, Social media Coach e fondatore di Social Warning, nonchè primo docente in Italia ad aver portato l’educazione civica digitale in classe (insegna da 3 anni in un Istituto Professionale in provincia di Vicenza), “i dati dell’Osservatorio raccontano della difficoltà degli adulti rispetto all’impartire regole precise ed esplicite per vivere serenamente il web in famiglia, forse per il distacco e la sfiducia con cui molti di loro hanno sempre visto il digitale. Ma è sempre più necessario – conclude il docente – costruire un ponte tra genitori analogici e figli digitali per arrivare ad un sano equilibrio tra vita on-line e vita off-line”.

Se è vero che internet è un fattore di libertà per i suoi utenti, è anche vero che si tratta di un luogo quasi del tutto privo di regole e che quindi espone a molti rischi. Il problema principale deriva dal fatto che i ragazzi vengono lasciati soli da parte dei propri genitori, privi di educazione – spesso non solo digitale – e privi di linee guida, e ciò non fa altro che aumentare il rischio che perdano la percezione della differenza tra il mondo reale e quello virtuale, ma soprattutto che anche a livello umano subiscano le ripercussioni del loro vivere costantemente online.


Se gli episodi di cyberbullismo sono così frequenti è colpa della rete e dell’utilizzo sregolato che se ne fa. Numerosi studi dimostrano che il web e in particolare i social network rivestono un ruolo determinante nella proliferazione dell’odio, in quanto, a differenza di ciò che avviene nel mondo reale, la distanza materiale che caratterizza tali forme di comunicazione favorisce la de-umanizzazione dei rapporti.

Quando gli atti di bullismo – come ogni forma di violenza in generale – vengono realizzati attraverso la rete viene meno quell’aspetto che più di tutti nel mondo esterno può farci riflettere e porre un freno ai nostri istinti più cattivi: agendo da dietro uno schermo non vediamo la sofferenza che deriva dalle nostre azioni e non percepiamo quindi la cattiveria del nostro agire e il dolore che possiamo causare.

Quando offendiamo qualcuno online o quando, ad esempio, pubblichiamo foto o video denigranti, non ci rendiamo conto delle ripercussioni psicologiche che possiamo determinare nel soggetto ripreso.

Pensiamo che tutto ciò che facciamo online sia solo un gioco, un qualcosa di distante, di “I-(r)reale”, ma dimentichiamo che spesso la violenza verbale può far più male di quella fisica.

Per questo serve una maggiore sensibilizzazione ad un uso consapevole del web, per questo è necessario educare i giovani ad un uso appropriato della rete. Per far ciò però non basta il lodevole lavoro svolto dai ragazzi di “Social Warning – Movimento Etico Digitale”, ma serve che anche le famiglie si informino sui rischi in cui incorrono i loro figli e che siano più presenti nella loro vita, in quella reale come in quella digitale.