polizia turca
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/21/attentati-parigi-arrestato-in-turchia-cittadino-belga-ha-fatto-sopralluoghi-nelle-zone-degli-attacchi/2241439/

La lunga notte turca

Trentadue, centodue, dodici, ventotto, trentasette, cinque, undici, cinque, quarantacinque, otto, cinquantaquattro, nove, due, quarantaquattro, quattordici, trentanove, quattro.
Questa purtroppo non è la sequenza dei numeri vincenti del Super Enalotto, ma è la lista delle vittime di ciascuno degli attentati che hanno insanguinato la Turchia dall’estate del 2015 ad oggi. Quella in cui sono costretti a vivere ottanta milioni di turchi è una situazione paradossale innanzi tutto, oltre che fragilissima e complicatissima. Negli ultimi due anni sono stati colpiti dal terrorismo una marcia di protesta pacifica nella capitale Ankara, una zona storica e, di conseguenza, turistica di Istanbul, uno stadio, un autobus della polizia, una festa curda, un tribunale, l’aeroporto internazionale di Istanbul, un altro autobus, questa volta civile, una discoteca e poi strade e quartieri sia delle grandi metropoli del paese che di centri più piccoli e periferici. Ormai la vita sociale del paese anatolico in ogni sua sfaccettatura è stato colpito e ferito nel profondo dal terrore e dalla barbarie. Nessun luogo e nessuna persona può considerarsi al sicuro nel paese della “Sublime Porta”.

attentato aeroporto istanbul
https://iperattivocategorico.wordpress.com/2016/06/29/nuovo-attentato-terroristico-in-turchia/

Eppure una situazione così fragile sembrava lontana, per non dire inimmaginabile, appena tre anni or sono, quando, nel 2014, l’ex primo ministro della Repubblica turca Erdogan fu eletto presidente. Erdogan, principale rappresentante del ramo politico dell’Islam in Turchia, si appropriò allora della più importante carica del paese dopo aver apparentemente vinto, nel ruolo di primo ministro, le proprie principali battaglie: le manifestazioni di piazza Taksim a Istanbul e in molte altre città indette per protestare contro l’irrigidimento del potere e la restrizione della libertà di stampa e d’opinione erano represse con la forza, come anche le resistenze dei ribelli curdi e del loro partito armato (il famoso PKK, partito politico e paramilitare per la liberazione del Kurdistan), e “il Sultano” si proponeva come guida politica e, in maniera più implicita (ma neanche troppo), spirituale dell’intero Medio Oriente. All’apice del suo potere Erdogan si riproponeva addirittura di inseguire l’antico sogno ottomano, riportando la Turchia ad essere la guida dell’intero mondo arabo e islamico. Ma dietro all’immagine del trionfatore, si nascondeva un’enorme debolezza. L’inasprimento delle leggi, la restrizione delle libertà di stampa e d’opinione, la repressione indiscriminata di ogni forma di protesta e opposizione ha fatto sì che in tutto il paese si annidassero nemici del potere pronti a tutto pur di contrastare l’autoritarismo dilagante. Così negli ultimi venti mesi i cittadini turchi hanno subito la ferocia non di uno, ma dei molteplici nemici dello stato e di Erdogan in particolare.

Curdi, simpatizzanti e militanti dell’Isis, adepti del ricchissimo imam Gulen, acerrimo rivale politico di Erdogan auto-esiliatosi negli Stati Uniti: ecco chi sono coloro che con il sangue hanno gettato i turchi nel terrore.

attentato ankara
http://www.lastampa.it/2015/10/10/esteri/esplosione-in-strada-ad-ankara-molti-morti-TxNFh6aob8jg7Tf0K92fJN/pagina.html

I primi, storicamente in lotta con il potere centrale a causa della spinta indipendentista della popolazione curda, con la cancellazione da parte del governo di Ankara di alcune concessioni precedenti, sono ritornati sul piede di guerra sotto il comando del PKK. Molti degli ultimi attentati, in particolare quelli compiuti contro simboli del potere turco quali caserme, tribunali, pattuglie delle forze dell’ordine, sono da imputare ai curdi, i quali sono più interessati a colpire l’establishment che la popolazione. Gli attentati più sanguinosi, come quelli avvenuti il 10 ottobre 2015 ad una manifestazione pacifica dove hanno perso la vita oltre cento persone o quello della notte dell’ultimo Capodanno, che ha mietuto 39 vittime, sono riconducibili allo Stato Islamico, più concentrato a colpire ogni strato della popolazione, senza differenze. In particolare la storia delle relazioni tra Isis e Turchia ha destato molto interesse in giro per il mondo: se infatti, secondo molte fonti mai del tutto smentite da Ankara, inizialmente il governo turco strizzava l’occhio al Califfato, visto come un movimento in grado di riportare in Medio Oriente un ordine fondato sull’estremismo religioso, in seguito ad accordi tra la Turchia, la Russia e l’Iran, Erdogan ha voltato le spalle alle milizie jihadiste che hanno voluto punire con il terrorismo questa mossa politica, dalle autobombe ad attacchi di commandos in luoghi pubblici, fino all’uccisione in diretta televisiva dell’ambasciatore russo Karlov. Un ulteriore pericolo, in questo caso più per il governo che per la popolazione a dire il vero, è rappresentata dai sostenitori dell’imam Gulen, figura di spicco dell’Islam moderato in Turchia, in passato alleato di Erdogan e ora suo irriducibile oppositore. Proprio Gulen è stato accusato di aver ordito e pianificato il golpe militare, poi fallito, dello scorso 15 luglio e molti indizi portano a pensare a questo.

https://www.youtube.com/watch?v=9_EtRSmB_SI

Insomma, quella turca è una situazione talmente fragile ed instabile che è difficile pensare ad un ritorno alla normalità, almeno nel prossimo futuro. Una lunga notte è calata sulla Turchia la cui fine appare davvero lontana.