Brunori Sas, dieci anni di cantautorato e santità

Ricorre oggi 31 agosto San Brunori, protettore delle storie d’amore che nascono e delle estati che finiscono. Per i fan e gli ascoltatori più attenti è immediato il rimando a “Guardia ‘82”, amatissimo brano estratto dall’album di esordio Brunori Sas, Vol. 1. Da quel disco intimo ed essenziale sono trascorsi dieci anni in cui il cantautore cosentino ha tracciato una via nuova e autentica, segnata da un personalissimo gusto per la semplicità, la profondità dei versi, la perfetta sintesi di temi nazionalpopolari e politici. Esordire con un album dal titolo marcatamente deandreiano, intriso di atmosfere vintage e mediterranee in pieno periodo hipster era un azzardo e una scommessa. Dario Brunori si presentava al pubblico armato di chitarra e l’aria scanzonata e serena di chi è pienamente consapevole di cosa voglia dire essere cantautori oggi.

Vol.1 si inseriva perfettamente nel primo periodo di rinnovamento della scena musicale italiana, tra L’amore non è bello di Dente e Canzoni da spiaggia deturpata de Le luci della centrale elettrica. A distanza di dieci anni possiamo affermare che le tre figure hanno cambiato la musica italiana, ma l’apporto di Brunori è stato – sin da subito – diverso rispetto a quello dei colleghi: più vicino alla tradizione, meno alternativo, ma non per questo meno efficace. Più popolare, più solare, genuino e poco sofisticato: Brunori è come lo vedi e, anche per questo, è il cantautore di cui l’Italia aveva bisogno. In Vol.1 non ci sono eccessi o fronzoli perché a prevalere sono i giri tradizionali, le argomentazioni lucide e credibili, l’autobiografia che pervade Come stai e Guardia ’82, i ricordi dell’infanzia al Sud e la nostalgia per un’adolescenza poco vissuta ma tanto immaginata. Dietro i na-na-na e la malinconia troviamo un autore che mette a nudo le contraddizioni e le debolezze in maniera schietta e immediata.
Da cantautore di provincia a disco di platino il passo non è breve né scontato, ma il segreto di San Brunori sta nella fiera accettazione della nazionalpopolarità fino a farne un baluardo, arricchita di personaggi e pensieri. Poveri Cristi, Vol.2 porta con sé suoni stratificati ma essenziali e storie che raccontano uomini e donne generando empatia e strappando sorrisi (reazioni mai scontate e sempre preziose).
Il cammino di Santiago in taxi-Vol.3 chiude il cerchio e contiene la vera svolta, rappresentata dalla collaborazione con il produttore Taketo Gohara e dall’ampliamento della gamma di suoni che prepara Brunori all’incontro con il grande pubblico.
A casa tutto bene, registrato in una masseria di San Marco Argentano, è l’album in cui la scrittura tipicamente italiana e sonorità nuove si incontrano, in cui le tematiche amorose vengono messe da parte ed emerge la paura dell’ignoto e dei piccoli contrattempi quotidiani. Fieramente indie, Dario Brunori in questo disco dà voce a ciò che affolla la sua mente, da Gaber a Bauman, dal lupo della Sila al Duomo di Milano, dalla provincia ferma agli anni ’80 al mondo che può essere – lui ne è sicuro – migliore di così. Questa volta il cantautore calabrese ha messo tutto in discussione, arrivando alle ragioni profonde dell’attrito tra sé e il mondo esterno con una poetica da neorealismo italiano. Consapevole di sé, Dario Brunori ci ha consegnato un album che è un vero e proprio antidoto disincantato contro una tristezza che è difficile toccare e che lo consacra tra i migliori cantautori di questa generazione.
E i riconoscimenti, in questi dieci anni, non sono mai mancati: dal Premio Ciampi come Miglior debutto discografico nel 2009 al Premio Siae/Club Tenco all’autore emergente del 2010, dalla targa Tenco come miglior canzone singola a “La verità” nel 2017 al Premio Amnesty International Italia a “L’uomo nero” come miglior brano sui diritti umani, di strada ne ha fatta. E questa strada è costellata anche di collaborazioni, come i feature nei brani di Marco Notari e Nicolò Carnesi; di un programma televisivo, “Brunori sa”; di cammei cinematografici (in “L’attesa” e “Goodbye Mr. President”). All’impegno artistico, Brunori coniuga quello sociale come ambasciatore dell’UNICEF, firmatario del manifesto di Artisti per Riace “E’ stato il vento”, sostenitore di Emergency, del Teatro Valle Occupato, del Teatro Coppola di Catania e del comune di Mormanno dopo le devastazioni del terremoto.
Con il suo stile in continua evoluzione, con un’impronta più sociale che politica e con una post-ironia più unica che originale, Brunori è perfettamente calato nel suo tempo: cantautore della generazione Erasmus, dei social network, dei quarantenni infelici, delle malinconie, della società liquida, del romanticismo all’italiana, delle piccole e universali solitudini. E così, senza quasi che ce ne accorgessimo, in un decennio si è insinuato nella vita di ognuno di noi, senza singoli da milioni di visualizzazioni o tormentoni, ma con piccoli inni generazionali e la forza di voce e chitarra.

Ed è per questo che viviamo il 31 agosto con una Peroni ghiacciata in mano, celebrando un cantautore che ci accompagna come un amico capace di darci una pacca sulla spalla nei momenti peggiori e di celebrare con noi un tramonto sul mare, le pene d’amore e il disincanto cantando, ancora una volta, nanana.